Immigrazione, disoccupazione e permesso di soggiorno
La crisi del lavoro colpisce anche quelle categorie che, apparentemente, risultavano non condizionate: i dipendenti immigrati. Gli avviamenti al lavoro calano, soprattutto nell’edilizia e nel manifatturiero, pur se l’occupazione di quelle figure lavorative dedite all’assistenza: colf e badanti, resta in attivo. In ogni caso, il tasso di disoccupazione degli stranieri ha toccato il 17%. Alla disoccupazione, poi, si aggiunge anche il problema del permesso di soggiorno, che è strettamente collegato al lavoro (si può rinnovare entro un anno). Quindi, nel caso in cui una persona lavorasse da oltre 20 anni in Italia e dovesse perdere il lavoro, automaticamente diventerebbe un clandestino. Tale situazione, come hanno più volte sottolineato i sindacati, facilita il lavoro nero e lo sfruttamento di quei migranti che, a causa della disoccupazione, hanno perso o perdono il permesso di soggiorno, molti dei quali vanno all’estero a cercare occupazione, oppure rientano nel paese d’origine o, peggio, finiscono nella trappola del lavoro sommerso e viene quindi risospinta nell’illegalità.
Per questo motivo le sigle sindacali stanno portando avanti una battaglia per richiedere la proroga a due anni della durata del permesso di soggiorno per attesa occupazione.
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